Cos’è l’attaccamento morboso

attaccamento morboso

L’attaccamento è una relazione che evolve come un’interazione tra un bambino e i suoi genitori: da ognuno dei due genitori il bambino apprende una serie di strategie in base alle quali controllare il rapporto. Tale legame, rappresentando la nostra preoccupazione centrale durante tutta l’infanzia, è il primo e più importante rapporto mediante cui l’uomo impara a organizzare il significato, intendendo con questo la capacità di ognuno di organizzare l’esperienza e il modo in cui dobbiamo rispondervi.

Il legame di attaccamento è un rapporto esclusivo e duraturo che si stabilisce tra bambino e il suo caregiver (la madre o chi si prende cura del bambino), e si attua sin dall’inizio all’interno di una matrice relazionale, in modo tale che la diade madre-bambino risulta essere un sistema, con suoi meccanismi interni e di rapporto con l’esterno.

Tale vincolo è teso a garantire il mantenimento della sicurezza in quanto, secondo Bowlby, la sopravvivenza nella specie umana è strettamente collegata all’opportunità di mantenere la prossimità con una figura che possa garantire protezione, sostegno e conforto.

A questo proposito possiamo fare una distinzione tra attaccamento “sicuro” e attaccamento “insicuro”.

Attaccamento SICURO:

  • Questo modello si costituisce proprio a partire da una relazione nella quale i reciproci comportamenti e adattamenti garantiscono la sicurezza, la fiducia e l’affetto al bambino e gli consentono, così, di svolgere i vari compiti richiesti nelle fasi evolutive, e di sviluppare una coerente ed equilibrata organizzazione delle informazioni e delle emozioni provenienti dal mondo interno ed esterno.
  • L’attaccamento sicuro è caratterizzato da una figura genitoriale disponibile, incoraggiante, pronta a rispondere quando chiamata in causa per offrire un sostegno, ma che interviene attivamente solo quando è chiaramente necessario, in grado di promuovere l’autonomia del proprio figlio e di essere punto di riferimento (base sicura) nel momento del bisogno.

Attaccamento INSICURO:

  • In questo modello lo sviluppo del bambino si svolge all’interno di un mondo condiviso che può essere o troppo ricco di carichi emotivi o viceversa troppo povero e ristretto, caratterizzato da silenzi, rifiuto e ostilità.

Ma concentriamoci su un tipo di attaccamento definibile “morboso” e quindi insicuro, in cui il caregiver è presente in modo eccessivo durante la crescita del bambino, evitando allo stesso, un’evoluzione fatta di autonomia e sicurezza. I genitori possono assumere uno stile educativo iperprotettivo per motivi diversi derivanti dalla propria educazione o da esperienze di vita.

Quando un rapporto affettivo diventa un “legame che stringe” in cui si altera stabilmente quel necessario equilibrio tra il “dare” e il “ricevere”, l’amore può trasformarsi in un’abitudine a soffrire fino a divenire una vera e propria “dipendenza affettiva”, un disagio psicologico alimentando spesso altre gravi problematiche psicologiche, fisiche e relazionali.

L’iperprotezione nasce a volte da un bisogno dei genitori di ridurre il proprio timore che accada qualcosa al bambino, soddisfare il proprio bisogno di controllo o sentire di essere stati genitori ideali, perfetti, come compensazione di carenze vissute nella propria infanzia.

Il bambino, infatti, ha certamente bisogno di protezione ma allo stesso tempo gli si deve permettere di esplorare l’ambiente in modo autonomo pur facendo affidamento sulla presenza del genitore.

Accanto a questa forma di iperprotezione, ne abbiamo un’altra che nasce invece dal bisogno del genitore di proteggere il bambino da ogni frustrazione.
In questo caso il genitore si sostituirà al bambino (e poi all’adolescente) nella risoluzione dei problemi e si impegnerà a non fargli provare emozioni spiacevoli legate agli insuccessi e alle difficoltà.

Il bambino apprenderà la dipendenza dagli altri e si aspetterà un costante sostegno e aiuto dagli altri ogni volta che si troverà in difficoltà. Inizierà a percepirsi come incapace di affrontare i problemi da solo.

Un’altra forma di iperprotezione è più legata al controllo e a un atteggiamento colpevolizzante e invischiante da parte del genitore.
In questo caso il genitore ha bisogno di controllare la vita del figlio in ogni suo aspetto, spesso perchè è il genitore stesso a sentirsi bisognoso del figlio.
A quest’ultimo viene dato un amore condizionato all’accettazione del controllo.
Il genitore tende ad essere eccessivamente presente nella vita e nelle scelte del figlio non permettendogli di maturare e differenziarsi secondo le sue peculiari caratteristiche.

Questo atteggiamento porta il figlio ad assumere un atteggiamento passivo di non scelta, di confusione e dubbi circa le proprie preferenze oltre a un’attenzione eccessiva al pensiero e agli stati d’animo del genitore.
Se da un lato la continua protezione e attenzione ricevuta dai genitori iperprotettivi consente di elaborare un senso di sé come persona amabile e di valore, dall’altro le restrizioni percepite nella propria autostima, consentono di elaborare contemporaneamente un senso di sé come debole e incapace.

La paura diventa l’emozione più facilmente riconoscibile e strutturata che emerge ogni volta che c’è una perturbazione dell’equilibrio affettivo. La paura è percepita come perdita di protezione o come perdita di autonomia e libertà.

La paura si trasmette al bambino attraverso la percezione dell’ansia del genitore, attraverso la sua presenza costante nelle situazioni nuove e attraverso frasi come: “Fai attenzione!” “Non allontanarti”. Il bambino, a questo punto comincia a provare paura per tutto ciò che è nuovo.

Un’altra conseguenza di un attaccamento “morboso” è la scarsa stima di sé e la tendenza ad avvertire sensi di colpa, anch’essi riconducibili a una relazione con i genitori che non hanno saputo trasmettere al figlio né la fiducia nelle proprie capacità, né la sicurezza della loro disponibilità a fornirgli sostegno nei momenti di difficoltà.

In definitiva crescere nella bambagia, con genitori iperprotettivi e onnipresenti, rende in definitiva i bambini timorosi ed incapaci di affrontare le sfide della vita.

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